B2B Insights: Interview
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November 24, 2023

Il futuro dell’aerospazio passa dal design. Il nostro secondo incontro con Francesca Parotti

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Quattro anni dopo, Krein si riconnette con Francesca Parotti, esperta di design aerospaziale, per esplorare le applicazioni del design nel settore aerospaziale.

A quasi quattro anni dalla prima intervista, Krein ritrova Francesca Parotti, ingegnere civile e docente di “Processi di produzione & Advanced Manufacturing" all'ISIA (Istituto Superiore Industrie Artistiche) di Firenze. Come membro del nostro Scientific Advisory Board, Francesca in passato ha collaborato ad alcuni dei nostri progetti, supportandoci nella creazione di contenuti tecnici.

L’aerospazio è un settore caro a Francesca. Oltre a curare il progetto “mARTS Design”, è una delle promotrici e future docenti del Master in Space Design, organizzato e coordinato da ISIA Firenze. Ed è proprio il design applicato al settore aerospaziale il tema che trattiamo in questa seconda intervista.

1. Che cosa si intende per design aerospaziale?

Inizierei con il concetto generale di design, che comprende la progettazione di oggetti quotidiani, strumenti di lavoro, dispositivi di protezione individuale e facilitatori. Il design si estende anche a spazi interni e processi. L’applicazione del design ha infatti un ruolo determinante nella semplificazione del processo, dello spazio e dell'esecuzione di compiti specifici per l'utente.

In particolare, è per il settore aerospaziale che io e il mio team di lavoro ci siamo occupati di oggetti facilitatori  e dispositivi di protezione individuale, che assistono l’esecuzione delle principali mansioni dell’astronauta all’interno di veicoli e/o stazioni spaziali. 

Cito volentieri un caso di successo: la messa a punto di un bioreattore che purifica l’aria e l’ambiente trasformando la CO2 in ossigeno, permettendo a chi si trova all’interno dell’abitacolo di consumare più facilmente i super food, alimenti ad altissimo contenuto di minerali e nustrienti. Il valore del dispositivo, dunque, è duplice: garantire performance ma anche comfort, ergonomia, usabilità.

Bisogna tenere a mente che il design è una disciplina trasversale. Io stessa sono ingegnere, e mi sto sempre più ibridando con competenze di design.

2. Che cosa si intende invece per approccio all’innovazione basato sul design in questo settore?

La nostra priorità è partire dalla user experience e dunque da un approccio “human-centered”. Vale a dire: mettere al centro del processo colui o colei che ne usufruirà

Questo significa già di per sé fare “disruptive innovation”: rompere i loop che potevano essere sfavorevoli all’utente, per poter trasformare il processo in un circolo virtuoso. 

Ad esempio, ci impegniamo ad associare più proprietà a un oggetto - che magari sia anche esteticamente “bello”, ma questo è l’ultimo dei nostri problemi - al fine di renderlo più funzionale, senza interferire con la sua usabilità. Si deve quindi considerare il fattore ergonomico soggettivo e contestuale: l’utente deve essere messo in grado di utilizzare al meglio un oggetto per lavorare, o di indossare un indumento speciale che garantisca standard di efficacia e funzionalità. 

Alcuni dispositivi, invece - penso a quelli che registrano il battito cardiaco e i parametri vitali - risultano spesso scomodi perché ingombranti. 

L’innovazione sta dunque nell’integrare in oggetti già utilizzati e accettati con alte tecnologie - nanotecnologie, smart materials – che siano sì high-tech, ma che abbiano caratteristiche “low-tech”. Vale a dire: bassa necessità di manutenzione, rispetto dei criteri di indossabilità, intercambiabilità, rimovibilità La novità, nel design aerospaziale e non solo, non sta tanto nell’introduzione di “alta tecnologia” fine a se stessa, quanto nell’utilizzo in modo “nuovo” di utilizzarla rispetto a quanto abbiamo a disposizione.

3. Perché pensi che un settore come quello aerospaziale abbia bisogno di introdurre un approccio all’innovazione basato sul design? 

Il primo motivo è che nei contesti altamente ingegnerizzati tutto sembra spesso funzionare in maniera splendida, ma “in astratto”. Il che non equivale a una corretta funzionalità per chi “quel tutto” lo usa. 

Portando un esempio, noi abbiamo progettato un guanto che è al contempo un dispositivo di protezione individuale – resistenza alle radiazioni, protezione dal gelo siderale - ma allo stesso tempo registra i parametri vitali dell’astronauta. Fin qua siamo nei parametri dell’ingegnerizzazione. Ma è l’intervento del design che ci permette di accedere a uno step successivo. L’astronauta in questo caso non riusciva a toccare e sentire, quindi il dispositivo risultava disumanizzato da questo punto di vista “sensoriale”. In pratica, la persona non riconosceva quello che aveva tra le mani. 

Per risolvere questo problema, abbiamo sviluppato un sistema strutturato con una serie di layer, che grazie all'utilizzo di materiali smart restituisce la sensazione del tatto agli astronauti. Questa tecnologia può essere applicata non solo nello spazio ma anche in altri ecosistemi. In alternativa, pensiamo al ruolo dei serbatoi durante i processi di manutenzione, o in situazioni estreme in cui si incontra una barriera “spessa” tra il corpo e l'ambiente esterno in cui si opera.

È importante riportare l’attenzione verso i sensi e l’esperienza umana

Nelle fasi di progettazione va ricordato che il tatto è il più esteso tra i sensi di cui l’umano è dotato. Privare una persona di questo canale equivale a metterla in una situazione psicologica e fisica di stordimento e di alienazione rispetto a ciò che sta facendo.

4. I fattori umani sono dunque al centro dei processi di innovazione. Come sai, Krein persegue questa linea con l’obiettivo di portare valore nelle aziende industriali. Guardando alla tua esperienza professionale e di ricerca, cosa ci insegna una simile prospettiva quando applicata a un settore complesso come quello aerospaziale?

Senza dubbio, attualmente siamo in una fase evolutiva.

Parto ancora con un esempio. Noi abbiamo cominciato a preoccuparci dell’ambiente da pochissimo tempo: fino a non molto tempo fa inquinare era considerato semplicemente un reato contro la proprietà. Questo perché nella visione antropocentrica sfugge un presupposto olistico: ovvero che l’uomo è solo una parte di un sistema di interconnessioni.

In un settore come quello aerospaziale, questo presupposto è fondamentale. Abbiamo a che fare con un sistema dove l’uomo, la macchina e le aziende che vi ruotano intorno sono articolate in un tutto perfettamente sincronizzato

Ed ecco perché in questa organizzazione l’attenzione all’utente è al centro del design aerospaziale. La user experience deve assolutamente essere il primo target di sviluppo. Già nella fase di progettazione e brainstorming si deve partire dalla domanda: “cosa posso migliorare per facilitare colui che utilizza il mio prodotto e si incarica del processo ad esso connesso?”.

Questo tipo di approccio si applica perfettamente a un’azienda come Krein, che - esattamente come accade nel design dell’aerospaziale - si dedica alla facilitazione dei processi e alla customer experience, quindi alla personalizzazione totaledi quello che si va a offrire. In entrambi i nostri ambiti si mette in atto una customizzazione davvero “al millimetro”: ogni corpo, ogni astronauta, ogni missione, ogni pianeta ha delle caratteristiche specifiche. Ogni azienda, allo stesso modo, deve essere curata con l’attenzione che si dedicherebbe a un animale in via di estinzione.

 I fattori umani sono dunque al centro dei processi di innovazione.

5. Quali sono le prospettive di collaborazione per realtà come Krein, istituzioni accademiche e aziende dell’aerospazio? Come potrebbero queste sinergie innovare e cambiare il settore in futuro?

Riorienterei la discussione ponendo in primo piano il Master in Space Design, di cui Krein è partner i. Altre partnership includono collaborazioni con aziende e enti come Toscana Spazio, riflettendo l'investimento dell'Italia nello spazio e l'obiettivo di tornare sulla luna entro il 2030 (ESA e Agenzia Spaziale Italiana).

Una lacuna attuale è rilevabile nel mancato investimento delle imprese nell'istruzione superiore. Il Master ISIA rappresenta il primo in Italia a unire design e aerospaziale. Per realizzare questo innovativo salto, è essenziale ottenere sponsorizzazioni e investimenti aziendali concretizzabili attraverso borse di studio.

È fondamentale incoraggiare le imprese a sponsorizzare e ad acquisire studenti in tirocinio, riconoscendo che, come nei settori tecnici, l'introduzione del design nei team di progettazione è stata un vero e proprio game-changer. Le borse di studio possono agevolare l'accesso per i nuovi studenti e incentivare giovani designer a intraprendere questa strada con più convinzione.

6. Design della comunicazione: a tuo parere le aziende dell’aerospazio, avranno in futuro un maggiore bisogno di servizi più legati alla comunicazione? Le agenzie come la nostra, che sono inserite nel mercato con questa verticalizzazione, che ruolo potrebbero giocare?

Sicuramente un ruolo importante. La comunicazione e la trasmissione delle informazioni, nonché dei dati, è cambiata negli ultimi anni e necessita sempre più sia di adeguati interpreti che di “direttori d'orchestra". E questo non solo per quanto riguarda i social media, che rappresentano la punta dell’iceberg di un processo composito e complesso.

La differenza fra due aziende di pari prestigio che si ritrovano a competere sullo stesso mercato - nel caso dell’aerospazio, molto ristretto - è data da una buona comunicazione, una buona intercettazione e metabolizzazione dei trend e delle notizie, un buon sito web.

La differenza fra due due aziende dell’aerospazio di pari notorietà e prestigio sul mercato la fa il brand: è necessario sviluppare una comunicazione efficace, nonché dimostrare abilità nel cogliere e assimilare le tendenze settoriali, oltre a un sito web di alta qualità.

Krein, grazie a strategie di marketing e comunicazione tagliate sul cliente, può sicuramente fare la differenza in questo settore, ne sono certa.

7. Quando si parla di approccio human-centered, tocchiamo anche il tema dell’accesso femminile alle carriere del mondo STEM e in particolare al mondo ingegneristico e aerospaziale. Secondo uno studio dell'università del Nebraska "Women in Aviation. A "Workforce Report”, ad esempio, solo il 13,4% della forza lavoro del settore negli Stati Uniti è composto da donne (2019). Quali sono i suggerimenti che ti senti di dare in questo senso e come incoraggiare la presenza femminile nei processi di innovazione?

Vi ringrazio per questa domanda, perchè questo è un tema che mi è molto caro. 

Come ingegnere io ho notato episodi di discriminazione di genere sia durante l’università - in cui eravamo pochissime iscritte – sia durante gli esami. Ad esempio, ricordo che mi è stato chiesto se mi fossi iscritta a ingegneria per trovare marito, dato che “di solito ci si iscrive a ingegneria per trovare un buon partito”: questo mentre venivo interrogata a un esame. Parliamo degli anni ’90. 

La situazione adesso è un po’migliorata negli ambienti accademici. Ma sul lavoro la discriminazione è ancora molto presente: gli uomini vengono chiamati per titolo, le donne per nome, sebbene titoli e ruoli siano gli stessi. Nel linguaggio e nell’utilizzo del linguaggio è importante attuare non-discriminazione. Proprio in questi giorni, sto scrivendo un capitolo di un libro sull’intelligenza artificiale e il tema che ho scelto è “intelligenza artificiale e gender-gap”: ovvero, come l’intelligenza artificiale rispecchia la realtà di una società ancora molto sbilanciata in merito a ciò che può essere uno scienziato, un ingegnere, un tecnico. 

Quello che vorrei consigliare alle mie giovani colleghe che stanno intraprendendo adesso una carriera STEM è di rimanere sempre ferme sulle proprie convinzioni e ambizioni senza lasciarsi intimidire. E di denunciare ad alta voce qualsiasi allusione che sminuisca la loro capacità, la loro competenza, la loro bravura. Per dare un’idea dell’importanza del tema potrei menzionare alcuni esempi di donne di successo nell’ambito STEM e tecnologico, e soprattutto aerospaziale.

Ricordiamo Samantha Cristoforetti che è uno degli astronauti più competenti che abbiamo sulla Stazione Spaziale Internazionale: quando è partita per l’ultima missione le è stato chiesto “e i figli chi li guarda?”. Riducendo quindi ancora una volta tutto al ruolo della donna “fattrice” e generatrice rispetto a quello della Samantha Cristoforetti professionista. E giustamente lei ha risposto: “i figli staranno col padre. Dato che si fanno in due”.

È un tema centrale. Siamo ancora indietro, nell’ambito STEM e non solo. E questo perché siamo indietro nella società. Basti pensare che le maggiori scienziate dell’ ‘800 e del ‘900 hanno studiato praticamente di nascosto e le loro ricerche sono state attribuite ai colleghi maschi. Questo accadeva perché non si poteva testimoniare che fossero frutto di uno studio femminile. Alle donne non era dato l’accesso all’istruzione superiore, non potevano insegnare all’università, e potrei proseguire a lungo.

Dunque, e qui mi riferisco direttamente alle giovani donne: smettiamo di vederci come degli animali da proteggere facendoci riservare delle “quote Rosa”. Io ho uno spazio che mi merito perchè ho acquisito una competenza professionale che è indipendente dal mio genere 

Si può continuare a citare esempi. Molti non hanno mai sentito parlare di Margaret Hamilton, l’informatica che ha scritto i codici a mano per lo sbarco sulla luna. Sono i codici che hanno governato il computer che ha guidato il razzo che ha portato Armstrong sul satellite terrestre…

Rimanendo nel contesto del nostro paese, mi viene in mente Amalia Ercoli Finzi, primo ingegnere aeronautico donna d’Italia e parte del progetto Rosetta. Ma anche Ilaria Cinelli, un’astronauta che sarà docente al Master dedicato al design dell’aerospazio e di cui Krein è partner. Ilaria è leader di Human Factor Association nell’aerospazio, Dunque donna di scienza, donna STEM, con capacità interessanti a livello realizzativo per quanto riguarda l’aerospazio.

Ultima menzione, non meno importante: l’unico giornale di astrofisica in Italia è diretto da una donna, l’astronoma Molisella Lattanzi.